Pag 403 e 416 Domande

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1)

Con l'espressione industria culturale indichiamo il complesso dei soggetti e delle attività economiche che, nella società industriale avanzata, si occupano della produzione e della distribuzione di beni e servizi culturali. L'industria culturale copre dunque ambiti della vita sociale che appartengono alla nostra percezione abituale della realtà e con i quali, grazie a determinate esperienze di consumo, veniamo frequentemente in contatto: il mondo dell'editoria, le case discografiche, l'industria cinematografica, i mezzi di comunicazione di massa. Parole come "industria" e "cultura" ricorrono con una certa frequenza nei nostri discorsi, e con un significato tutto sommato piuttosto definito:

quando parliamo di 'industria" abbiamo in mente il complesso delle attività produttive che trasformano le materie prime in merci di consumo. Si tratta di un fenomeno che, a partire dal XVIII secolo circa, avviene grazie all'investimento di ingenti capitali e all'uso di macchinari che permettono la realizzazione in serie di una grande quantità di prodotti; 

quanto al termine "cultura", al di là della rilettura articolata che ne ha dato l'antropologia, l'accezione principale con cui esso ricorre nel linguaggio quotidiano è quella di tipo classico-umanistico: cultura è il complesso delle esperienze intellettuali di una civiltà, depositato nelle opere letterarie, musicali, artistiche, nelle teorie scientifiche e filosofiche, e in generale nell'insieme di idee e simboli che formano l'universo del sapere.

2)

Il 3 settembre 1833, a New York, una nuova presenza si aggira per le strade della città. Sono gli "strilloni", ragazzetti incaricati di vendere ai passanti il "New York Sun", edito da Benjamin Henry Day, Il prezzo modico (1 penny ogni copia) e lo slogan accattivante con cui il giornale si presenta, «it shines for all» ("splende per tutti) mostrano la chiara volontà dell'editore di raggiungere il pubblico più ampio possibile Siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione culturale. Il modello della stampa popolare fece ben presto la sua comparsa anche oltre oceano. Nel 1836, a Parigi, il giornalista e uomo politico Émile de Girardin fondò un nuovo giornale, "La Presse", di cui riuscì a dimezzare il prezzo di abbonamento con un espediente destinato ad avere nei decenni successivi un grande successo: l'inserzione di annunci pubblicitari.

3)

La stampa tardottocentesca è anche il veicolo di una nuova forma di comunicazione, destinata a diventare negli anni successivi un prodotto chiave dell'industria culturale: il fumetto. 

Grazie all'intraprendenza di un direttore cli giornali statunitense, Joseph Pulitzer, intenzionato a incrementare le vendite domenicali del quotidiano "New York World", il 5 maggio 1895 un giovane disegnatore dell'Ohio, Richard Outcault, presenta per la prima volta una serie di storielle umoristiche ambientate in un vicolo degli slums newyorkesi. Il personaggio principale dei vari racconti è The Yellow Kid, un buffo ragazzino vestito con un lungo camicione giallo, sul quale sono riportate frasi e battute relative alle vicende narrate, che solo in un secondo tempo il disegnatore affiderà ai balloons, cioè alle caratteristiche "nuvolette".

4)

Già negli anni Venti dell'Ottocento, lo scienziato francese Joseph Nicéphore Niépce inizia i suoi esperimenti sulla possibilità di imprimere immagini su una lastra sfruttando solo la luce, senza ricorrere a un'incisione. Da questi studi nascerà una delle invenzioni più stupefacenti della storia umana: la fotografia. La fotografia nasce come strumento di raffigurazione di paesaggi, soprattutto urbani, e di strutture architettoniche. Con il tempo, però, essa finisce per ritrarre anche soggetti umani. Fotografare e farsi fotografare diventano modi per realizzare altrettante modalità di vita sociale: davanti all'obiettivo sfilano intere famiglie, ma anche singoli individui di varie condizioni sociali che sperimentano per la prima volta l'onore del "ritratto" e persone che vengono colte nello svolgimento delle loro professioni. In un contesto storico-sociale caratterizzato da frequenti movimenti migratori e dalla frammentazione dei nuclei familiari, l’immagine fotografica diventa cosìí il simbolo del mantenimento dei legami affettivi. Anche in questi usi apparentemente intimi, personali, la fotografia è però un'immagine pubblica, di rappresentanza sociale: "cristallizza" le persone così come esse - o il fotografo per loro — desiderano venire percepite, ricordate, considerate. 

La parola “cinematografia significa letteralmente “scrittura del movimento” (a differenza dei libri è mobile)

L'utilizzo del cinema come strumento di comunicazione, di intrattenimento sociale nacque grazie all'opera di due pionieri: George Melies e David Griffith. Con il primo la ripresa cinematografica cessò di essere mera documentazione dell'esistente per diventare messa in scena di situazioni fantastiche. Dobbiamo invece a Griffith la grammatica del cinema. Con loro il cinema divenne una vera e propria forma di spettacolo, cioè di “ri-creazione” della realtà attraverso la messa in scena, in quanto la tecnica di ripresa e di proiezione cinematografica offriva risorse espressive fino a quel momento sconosciute: cambiando inquadratura si poteva ad esempio avvicinare e allontanare gli oggetti creando così illusioni di situazioni differenti e diversamente interpretabili.

5) 

Nella sua opera “Il mondo come volontà e rappresentazione” il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, all'interno di una riflessione sul ruolo dell'arte nell'esistenza umana, dedicò particolare attenzione alla musica, che egli riteneva capace di rivelare “l'essenza intima del mondo”. La posizione di Schopenhauer esprime in qualche modo la suggestione esercitata sugli esseri umani dal suono, generata soprattutto dalla sua impalpabilità: diversamente da una poesia o da un dipinto, che esistono concretamente (come pagina scritta o come tela) anche nel momento in cui non li si legge o non li si guarda, un brano musicale "esiste" veramente solo durante la sua esecuzione. Proprio questo tratto della musica generò forse il desiderio di "riprodurla" mediante strumenti che ne consentissero l'ascolto anche in assenza dei suoi esecutori diretti.

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L' “apocalittico” è un intellettuale che non viene a patti con la cultura di massa e che si propone come difensore di una concezione aristocratica del sapere. L' “integrato” è invece un intellettuale disposto ad accettare la cultura di massa e ad utilizzarne gli strumenti.

Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, vari studiosi tra cui filosofi (Nietzsche), psicologi (Gustave Le Bon) e sociologi, espressero la loro preoccupazione riguardo alla crescente rilevanza sociale delle “masse”, definite “moltitudini sprovviste di autonomia intellettuale e facilmente manipolabili”. Il sociologo statunitense Herbert Blumer mette a confronto i concetti di “pubblico” e di “massa”. Il primo sarebbe un gruppo di persone costituito intorno ad un determinato tema che apre un dibattito per confrontare idee diverse e giungere ad una soluzione, mentre una massa è niente di più che un aggregato eterogeneo di persone che, a causa della distanza spaziale tra i membri, privo di autocoscienze e di un'identità e incapace di seguire una condotta razionale.

I sociologi Theodor Adorno e Max Horkheimer introdussero, a metà del '900, con un'accezione fortemente negativa, il concetto di “industria culturale”. Il termine si riferisce infatti al complesso dei prodotti e delle strategie di distribuzione nati dalla colonizzazione economica della sfera culturale, con la promozione di modelli di vita funzionali ad una civiltà consumistica. Essa si serve dei mezzi di comunicazione di massa e immette sul mercato prodotti qualitativamente mediocri, finalizzati ad impoverire il senso critico del consumatore, lasciandogli però l'illusione di essere sovrano delle proprie scelte e dei propri gusti.

 

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1) La cultura di massa, sviluppatasi nel xix secolo, è un tipo di società caratterizzata dal graduale accesso delle masse popolari alla sfera dei consumi e alle diverse forme di partecipazione politica e culturale.

2) Nella società di massa viene a disposizione un'offerta sempre più ampia e differenziata di prodotti editoriali, differenziati per soddisfare ogni tipo di utenza. Vengono quindi prodotti giornali, riviste, fumetti e fascicoli, ma anche rotocalchi (genere di rivista concentrato su attualità e uno dei primi tentativi di unire immagini e testo) e fotoromanzi (racconti narrati attraverso sequenze fotografiche con didascalie e balloons).

3) “Infotainment” è un'espressione formata dalle parole inglesi “information” e “entertainment”; sta ad indicare il genere televisivo prevalente nella società di massa, che consiste in un misto di informazione e divertimento.

4) Nell'era digitale la cultura e facilmente e velocemente accessibile da tutti in qualsiasi momento. Computer, e-book e cellulari hanno, in alcuni casi, sostituito i libri, rendendo la lettura di libri più “comoda”, ma con una conseguente perdita del valore affettivo legato al testo fisico. Esiste in oltre il rischio che le informazioni di cui si viene in possesso possano non essere completamente corretto: data l'immensa disponibilità di materiale su internet, l'utente difficilmente riesce a trovare informazioni attendibili, proprio a causa dell'enorme quantità di informazioni presente. Questo fenomeno è detto “information overload”.






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