Le teorie e le ipotesi
Una teoria può essere definita come un insieme di proposizioni organicamente connesse, dotate di un alto livello di astrazione, proposte per spiegare o dare ragione di determinati fatti empirici.
Una teoria si articola in una o più ipotesi specifiche; un'ipotesi è una supposizione relativa a un determinato fenomeno o ambito di fenomeni, che si colloca a un livello di astrazione minore della teoria e che è formulata in modo da essere empiricamente controllabile.
Se manca la possibilità di un riscontro empirico, l'ipotesi resta una semplice supposizione, per quanto interessante o intrigante; per questo la sua formulazione deve essere tale da indicare indirettamente le esperienze necessarie a controllarne la plausibilità.
I dati empirici e la loro rivelazione
Nella ricerca i "dati" sono le informazioni che il ricercatore si procura tramite procedure di tipo empirico.
Tali procedure si dividono essenzialmente in 2 tipi,
sperimentali (cioè basate sull'uso di esperimenti) e non sperimentali.
Si tratta di una questione di fondo, in quanto l'esperimento
differisce profondamente dagli altri metodi di ricerca perché chi ne fa uso non
si limita a registrare delle informazioni acquisite con tecniche particolari,
ma interviene attivamente sulla realtà da indagare, modificando alcune
condizioni e rilevando poi gli effetti di tale cambiamento. Questa procedura,
isolando determinati fattori all'interno della situazione di ricerca, riduce al
minimo il rischio di distorsione dei risultati dovuto all'intervento di
variabili estranee; in più consente, a differenza della semplice raccolta
empirica dei dati, di cogliere nessi causali tra gli eventi. Tuttavia il
disegno sperimentale non è sempre praticabile: la decisione di isolare
determinate condizioni per analizzare in che modo il variare dell'una incida su
quello dell'altra, infatti, presuppone che tali variabili siano state
riconosciute come significative e importanti, e tale riconoscimento può
scaturire spesso solo da ricerche precedenti, condotte con metodi non
sperimentali. Inoltre il metodo sperimentale non si presta allo stesso modo per
tutti gli ambiti disciplinari: il suo impiego è frequente in psicologia, dove
costituisce il metodo principe di ricerca, in psicologia sociale, mentre è
difficile farne uso in antropologia e sociologia.
Se il ricercatore opta per una procedura non sperimentale,
deve decidere quale tecnica di rilevazione dei dati utilizzare, scegliendo la
più consona al suo lavoro: Un'osservazione diretta dei soggetti di studio,
un'inchiesta su una popolazione condotta tramite interviste o questionario, il
ricorso a tecniche di rilevazione indirette come i questionari autodescrittivi
o i test.
L'osservazione è una tecnica di ricerca in qualche modo
trasversale alle diverse scienze umane, anche per la sua estrema flessibilità e
per la sua capacità di essere declinata in forme differenti. In antropologia è
diffusa l'osservazione partecipante, in cui lo studioso si mescola ai soggetti
osservati; in psicologia si opta spesso per osservazioni di laboratorio,
condotte con protocolli rigidi e standardizzati. Altre procedure di ricerca,
seppur utilizzabili in varie forme, si abbinano più agevolmente a specifici
ambiti disciplinari.
ln sociologia è frequente l'uso di questionari e interviste
con cui si conducono inchieste, ossia si interpella una popolazione, cioè un
insieme di persone che condividono una certa caratteristica. Se la popolazione
è troppo ampia per condurre l'inchiesta in tempi ragionevoli, si fa uso di un
campione, cioè di un gruppo di soggetti che ne sia rappresentativo, scelto con
procedure di estrazione particolari.
Il test è uno strumento tipicamente usato dagli psicologi,
che sondano per suo tramite determinati tratti psichici. I questionari
descrittivi, collaudati in psicologia sociale per lo studio degli
atteggiamenti, sono oggi usati anche per la misurazione di altri tratti
interiori. Non esiste una tecnica in assoluto "migliore" di altre, ma
solo la più idonea a una certa situazione, purché ovviamente ne sia fatto un
uso metodologicamente corretto.
I caratteri e gli indicatori
I dati interessano al ricercatore per via di alcuni aspetti
o proprietà che li riguardano: nel linguaggio statistico queste proprietà
vengono chiamate caratteri o, con un linguaggio meno preciso ma più intuitivo,
"variabili", proprio perché possono variare, cioè assumere stati o
valori differenti in soggetti e situazioni diversi.
Distinguiamo caratteri quantitativi (le cui modalità sono
quantità, espresse da numeri) e caratteri qualitativi (le cui modalità sono
semplici categorie, che non designano una specifica quantità della proprietà in
questione). Sono del primo tipo, ad esempio, l'età di una persona, il numero
dei componenti di un nucleo familiare, il tempo impiegato a svolgere un
determinato compito, mentre sono del secondo tipo lo stato civile, la
nazionalità, il titolo di studio ecc.
I caratteri quantitativi sono discreti o discontinui se i
numeri che ne esprimono le modalità appartengono all'insieme N dei numeri
naturali (è il caso dei numeri dei componenti di una famiglia: possono essere
2, 3, 4, 10 ma mai, 3,5 0 3/8); sono invece continui se le loro modalità
appartengono all'insieme R dei numeri reali (il tempo impiegato per svolgere un
compito).
Tra i caratteri qualitativi, sono ordinabili quelli le cui
modalità possono essere disposte in un ordine gerarchico (il titolo di studio),
sono non ordinabili invece quelli in cui tale ordine non esiste (è il caso
della nazionalità o dello stato civile)
La nazionalità o lo stato civile di una persona, la sua età,
la sua professione, il numero di fratelli che ha o il tempo che impiega a
compiere un certa azione sono realtà che chiunque, anche senza una specifica
professionalità, può facilmente ricavare.
Spesso però nelle scienze umane lo studioso ha che fare con
realtà immateriali, intraducibili in grandezze fisiche: sono tratti psichici e
comportamentali, proprietà di individui e di gruppi. In questo caso è
necessario che il carattere che si intende rilevare sia definito in modo
concreto e puntuale, attraverso la messa a punto di quelli che vengono chiamati
gli indicatori, cioè i "dati spia" empiricamente riscontrabili che ci
consentono di rilevarne le modalità. Durkheim, nel suo studio sul suicidio,
scompone il carattere "integrazione sociale" nelle 3 dimensioni dell'integrazione
politica, religiosa e domestica, specificando quindi gli indicatori empirici
che definiscono ciascuna delle componenti.
Gli strumenti statici
La statistica è la scienza che si serve di metodi matematici
per l'analisi e l'elaborazione di dati relativi a fenomeni collettivi, al fine
di trarne conclusioni fondate e rilevanti. Le scienze umane, così come la
meteorologia, la medicina, l'economia, ne fanno sistematicamente uso.
L'operazione di tradurre in numeri l'oggetto della propria
ricerca può essere compiuta in più contesti e a diversi livelli.
Questa operazione si chiama "misurazione di
frequenza": ciò che possiamo misurare è la frequenza assoluta, quante
volte effettivamente una certa modalità compare, e frequenza relativa, il
rapporto tra la frequenza assoluta e il numero totale delle rilevazioni
effettuate.
Il complesso delle diverse modalità e delle rispettive
frequenze con cui un determinato carattere si manifesta in una popolazione è
detto distribuzione di frequenze o distribuzione statistica. Conoscere la
frequenza assoluta o relativa di un fenomeno costituisce comunque una
necessaria base di partenza per valutarne l'impatto sociale, avanzare
spiegazioni o previsioni, suggerire possibili strategie di intervento.
Le distribuzioni statistiche possono essere rappresentate
con tabelle oppure tramite grafici, cioè figure che ne rappresentano
simbolicamente le caratteristiche.
La validità della ricerca
Per lo studioso che conduce una ricerca è importante avere
la certezza che essa risponda a requisiti di "validità". Questo
concetto si specifica in due ulteriori questioni: la validità degli strumenti
impiegati e quella dei risultati a cui si approda.
Uno strumento è valido se misura effettivamente, e in modo
preciso, ciò che intende rilevare.
In psicologia, ad esempio, da un test per la misurazione
dell'intelligenza ci si aspetta che misuri effettivamente ciò che intende
rilevare - il quoziente intellettivo dell'individuo — e non altre
caratteristiche, come la creatività o l'attitudine a svolgere un determinato
compito; da un questionario predisposto per un'inchiesta sulla pratica
religiosa all'interno di una determinata popolazione, ci si attende che dia
informazioni su quello specifico fattore che intendiamo indagare, e non su
altri. Tuttavia è pur vero che, soprattutto in sociologia, può capitare che uno
strumento predisposto per rilevare un certo fattore possa dare informazioni
supplementari e impreviste su altri aspetti del fenomeno.
Nel 1972 gli studiosi statunitensi Morris Rosenberg e
Roberta Simmons interpellarono un gruppo di studenti di Baltimora per conoscere
la loro posizione nei confronti delle persone di colore. I dati emersi dalla
loro inchiesta contenevano però molte informazioni supplementari di ordine
socio-demografico Su tale materiale lavorarono alcuni anni dopo altri due
studiosi, Janet e Larry Hunt, studiando in particolare il rapporto tra
l'assenza della figura paterna in famiglia e la socializzazione delle ragazze
ai ruoli femminili.
Se si parla dei risultati ottenuti, possiamo banalmente
affermare che una ricerca è valida se i risultati a cui approda sono esatti,
cioè se rispecchiano l'effettiva realtà delle cose.
Bisogna però distinguere tra "validità interna" e
"validità esterna”.
- · Si parla di validità interna quando le conclusioni di una ricerca sono valide almeno all'interno dell'ambito in cui è stata condotta. Perché ciò si verifichi non è sufficiente che siano impiegati strumenti validi, ma occorre anche che sia adeguata la condotta del ricercatore e che i risultati siano stati registrati correttamente.
- · Si parla invece di validità esterna quando i risultati di una ricerca si possono estendere a situazioni diverse da quella in cui è stata condotta. Il problema si pone soprattutto per gli studi fatti in laboratorio: condurre un esperimento o predisporre un'osservazione in un ambiente artificioso, appositamente predisposto dallo studioso, se da un lato ha il pregio di conferire maggior rigore alla ricerca, dall'altro può produrre conclusioni difficilmente trasferibili nella realtà quotidiana.
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